Questo forse è il momento più difficile per l’Italia si chiama: Covid-19. Una sigla, una sola sigla per dire alle persone che non devono toccarsi, che il loro respiro potrebbe essere contagioso per i propri cari, per dire che le emozioni che sentiranno saranno inondate dalla paura. Ho pensato molto a cosa scrivere in questo articolo per non cadere nel banale, nell’ovvio. Tutto è già stato detto e tutto mi sembra così inutile in questo momento. Ho deciso allora di parlare della mia paura, di parlare della mia giornata dentro la mia casa. Tutto quello in cui credo è stato messo in stand-by: il mio lavoro, le mie amicizie, le mie emozioni… tutto deve aspettare; beh io non sono proprio bravo ad aspettare! Tutta la mia vita è stata intrisa di emozioni che ho imparato a catalogare, etichettare e controllare ma soprattutto a vivere: ne ho fatto un lavoro. Io provo ad insegnare alle persone che le emozioni ci rendono liberi, che ci rendono fragili ma allo stesso tempo anche fortissimi. Insegno alle persone che quelle emozioni hanno un significato, un perché. Insegno loro che le emozioni hanno a che fare con la gente, con il nostro bisogno di sentirci amati, protetti, curati. Noi non siamo animali solitari, l’uomo è un’animale sociale. D’un tratto tutto viene messo in discussione da un virus: Covid-19 o coronavirus. Tutto ad un tratto iniziano le, giustissime, restrizioni: evitare i contatti umani, non toccarsi, mantenere un metro di distanza, coprirsi mani e bocca con mascherine e guanti, evitare assembramenti. Regole importanti al fine di contenere il contagio, ma dove andrà a finire l’uomo? Tutto quello che io ritenevo essere il motore della vita ora è fermo ad aspettare che passi e che tutto questo resti solo un ricordo. In quanto operatore sanitario il mio studio rimane “aperto” ma solo per le emergenze, ho naturalmente spostato tutto il mio lavoro in remoto, per rispetto delle istituzioni, dei miei pazienti e dei miei cari. L’ho fatto per paura di questo virus, la paura che questo virus mi potesse portare via le persone che amo che io potessi arrecare danno a qualcuno di voi. Lo ammetto ho grande fatica a restare dietro ad un computer, chiuso in una casa e a passare tutto il tempo a girarmi i pollici. Stare con la mia famiglia mi fa sicuramente mette i piedi ben piantati a terra e iniziare a pensare a quello che ogni giorno mi perdo perché scontato. Allora dove sono finite quelle emozioni che io pensavo assuefatte? Che pensavo fossero finite sotto la cenere della paura? Dietro un metro di distanza dai rapporti umani? Ieri, un po’ per scusa un po’ per necessità sono uscito per comprare delle cose al supermercato, ho visto una fila di persone all’ingresso che aspettavano in silenzio, ferme in attesa che qualcuno gli desse il benestare per entrare. Ho avuto quasi timore, di quel timore che hai in chiesa da bambino nel camminare nella navata, era tutto troppo fermo. Non l’ho riconosciuto. Entrato nell’ipermercato ho visto poca gente, che distratta cerca di non trattenersi troppo come diceva la voce nelle speaker, eravamo tutti con mascherina e guanti, tutti con le nostre “armature” a proteggerci da noi stessi. Non sono un gigante ma una signora, decisamente più bassa di me, aveva bisogno di prendere delle cialde di caffè da uno scaffale in alto, si guarda intorno e vede solo me. Mi chiede una mano, gliela do con tutta tranquilla, le prendo la scatola e gliela pongo, tutto normale fino a quando non la vedo in faccia. Ha una mascherina, non la riconoscerei rivedendola, e lì mi ricordo di evitare i contatti, in fondo non conosco la signora. Dove potrebbe essere stata? Magari ha dei parenti da Milano che sono scesi eludendo i controlli e i decreti? E se fosse un pokemon? Si è questo che mi dico… arrivo ad un punto in cui so di aver messo in atto tutte le misure preventive del caso e che non posso smettere di dubitare delle persone. Questo virus ci sta facendo dubitare dell’altro e forse anche di noi stessi. Oggi parlando con un’amica a telefono mi dice che ha paura di passare dalla madre a portarle la spesa perché è immunodepressa ma non vorrebbe farla uscire per lo stesso motivo e, benché lei stia in quarantena già da 15 gg, non vuole correre il rischio. Il rischio. Penso a tutti i miei pazienti DOC e a quanto siamo simili in fondo e che spesso categorizzarci in una nosografia diagnostica non ci rende migliori, penso alla loro paura di poter esser colpevoli di arrecare danno a qualcuno e che questa paura, in un contesto come adesso, non sarebbe nemmeno un criterio diagnostico. In questi giorni invece ho sentito una mia paziente adolescente per assicurarmi di come stesse, era preoccupatissima ma non del coronavirus ma del fidanzato che non poteva vedere. Mi è venuto da sorridere immaginando dei nuovi Priamo e Tisbe che al di la del muro si toccavano con guanti e mascherina. L’amore al tempo del coronavirus è anche questo. Sempre parlando con la stessa amica abbiamo parlato di quanto il nostro paese sia pieno di paura in questo momento e di quanto abbiamo voglia di fuggire come le persone sulle navi attraccate quest’estate alla ricerca della nostra stessa libertà. Lei mi dice: “Silvestro questo è il contrappasso. Noi non gli abbiamo voluto dare una casa ed ora dobbiamo rimanere chiusi nelle nostre.” Il mio pensiero così va a Greta Thunberg e al nostro mondo. Ho letto che la nube di inquinamento sopra la Cina, con lo spegnimento delle fabbriche, è sparita; che i canali di Venezia e i navigli di Milano sono tornati limpidi tanto da vedere fondale e pesci perché le imbarcazioni non scaricano più. Ho pensato agli animali che “ammiriamo” fare salti nel fuoco sotto tendoni colorati e a quelli chiusi in gabbia per vestirci e alla fine ci siamo finiti noi in gabbia. Ho pensato a quanto poco siamo rimasti umani e che continuamente ce ne dimentichiamo. Lungi da me l’idea di essere un sacerdote che sale su un pulpito a decretare i buoni e i cattivi, non sono mai stato neanche il preferito della maestra alle elementari, ma veramente siamo così stupidi da non aver capito che il mondo era nostro? Davvero avevamo bisogno di una lezione per capire i rapporti umani, che l’ambiente ha bisogno di rispetto, di continua cura come noi. Ho paura che quando tornerà tutto alla normalità ci saremo dimenticati di come ci sentiamo, di tutta la paura che stiamo provando, che torneremo dietro alle nostre vere maschere ed alla nostra routine senza ricordare che una volta cantavamo dai balconi per cercare vicinanza. Ho paura che quando arriveranno le barche nei nostri porti con le persone a morire dentro, noi gli urleremo contro di andare via, che non è un nostro problema; ho paura che quando torneremo a Milano ci guarderanno ancora come “i terrun” e non quelli da cui sono corsi per salvarsi. Ho paura che ci dimenticheremo di essere umani, di nuovo, perché avremo mille altre cose inutili a cui pensare e smetteremo di occuparci dell’altro. Ho paura che io stesso dimenticherò di spegnere il cellulare tornato a casa e di godermi quello che ho, di dare per scontato il sole, una camminata in riva al mare, il traffico e l’amico in ritardo. Ho paura che la paura la dimenticherò e che tornerò ad essere lo stesso stupido di prima. Forse abbiamo bisogno di ricordarci di restare umani partendo dalle cose più semplici, dal #iorestoacasa per il coronavirus a #iorestoacasa per me, per occuparmi di mia moglie, dei miei figli, del mio cane; per mettere apposto quella mensola, per sistemare il garage e per litigare. Io vorrei che la paura mi facesse tornare a casa e volerci restare per mia scelta e non per obbligo, che #iorestoacasa non sia solo legato al coronavirus ma che sia la scelta di occuparci delle cose che amiamo, solo per #restareumano.
Come lei ha scritto, questa è la mia paura principale: “Ho paura che quando arriveranno le barche nei nostri porti con le persone a morire dentro, noi gli urleremo contro di andare via, che non è un nostro problema; ho paura che quando torneremo a Milano ci guarderanno ancora come “i terrun” e non quelli da cui sono corsi per salvarsi”.
Ho paura che quando si parlerà di Napoli si dirà sempre “colera, spazzatura, camorra” e non “Pascale, Cotugno, Farmaco che da’ sollievo e speranza nonostante sia ideato per l’artrite reumatoide”.
Ho paura che al termine di tutto, la gente sia abituata così tanto a prendere le distanze… Che un abbraccio o una stretta di mano non sarà più ben accetto! Che se apri le braccia verso qualcuno, quel qualcuno ti scruta e ci riflette su prima di condividere con te quel gesto.
Sono anni che si lavora per rendere l’uomo più indipendente e asociale (tecnologia, meccanica). Anni dove si fa di tutto per dividere orientamenti e razze (politica, religioni)… E il virus non è altro che un ennesimo strumento per isolare e indebolire il nostro essere sociale.
È togliere quello che è più vitale: saranno queste le future guerre. Le armi ormai sono primitive!
Forse non dobbiamo solo smettere di credere che le cose possano cambiare o che il cambiamento lo debbano fare gli altri: “se non lo fa lui perché dovrei farlo io?”, “tanto a che serve se lo faccio solo io”. Dovremo ricordarci che basta un solo battito di farfalla per cambiare il mondo.
Concordo, siamo noi l’artefici e i responsabili della nostra vita; no gli altri.
Articolo bellissimo che in parte condivido per profondità di riflessioni e per chiarezza nell’esposizione delle stesse.
Dico in parte perché comprendo le paure elencate e il senso di responsabilità e di civiltà che sottende allo smarrimento di questi giorni ma sinceramente io in questo tempo ho fatto anche ALTRE RIFLESSIONI che espongo subito.
All’inizio avevo, confesso, sottovalutato il problema e “cercato” di condurre una vita “quasi normale” forse per esorcizzare una paura più granfe di me che si stava lentamente profilando e che prendeva sempre più corpo di ora in ora. Poi le cose sono precipitate e mk sono ritrovata anche io rinchiusa tra 4 mira a fare i conti con quella che lei definisce” perdita di umanità”:niente abbracci niente baci e neanche sorrisi perche nascosti dalle mascherine che a mala pena ti fanno intravedere lo sguardo dell’altro. Allora cosa ho fatto? Ho cercato di non pensare o meglio di non pensare a questo MOSTRO che stava entrando prepotentemente nella mia vita rubandomi quanto di più prezioso ancora mi rimane “i miei affetti” oltre a :
-la mia libertà
-la mia voglia di fare, partire, viaggiare esplorare
-la mia vanità (il parrucchiere l’estetista la spa…)
Etc etc…
E all’inizio stordita dai media e dai social mi sono ritagliata il mio angolo di pensiero in cui IL MOSTRO NON C’ERA per “difendermi dai suoi attacchi”
Per giunta ho avuto un problema di salute ancora irrisolto perché non ho trovato un medico disponibile a visitarmi…
Poi all’improvviso mi sono ritrovata sul balcone di casa un giorno ed osservavo le strade deserte ascoltando il loro silenzio assordante(abito al quinto piano ho di fronte il Vesuvio e riesco a vedere S. Martino e le Isole Capri e Ischia). Mentre ero lì in silenzio a guardare il panorama è arrivata un forte folata di vento che mi ha portato il profumo del mare, si del mare! D’altronde il mare è a pochi km ma non avevo mai sentito il suo profumo da casa.. .. Poi ho alzato gli occhi al cielo e ho visto i gabbiani, si i gabbiani! E mentte ero ancora lì si è affacciata la mia vicina di casa ; ormai il nostro è un appuntamento fisso la chiacchierata sul balcone. Ho scoperto che la mia vicina è simpatica ed abbiamo molte cose in comune! Prima ci scambiavano giusto un salutino e qualche parola di circostanza oggi chiacchieriamo di tutto e ci confrontiamo a distanza ma lo facciamo! Quindi mi è venuto spontaneo sabato mentre impastavo le pizze farne una in più anche x lei perché adesso so che il savato sera è da sola con le bimbe daro che il marito lavora il sabato notte. Le ho messo la pizza ed un pezzo di crostata fuori la pirta ho suonato e sono andata via in ottemperanza alke regole da seguire e secondo gli accordi che avevo preso con kei telefonicamente. É stato bello sentirsi dire al telefono il giorno dopo GRAZIE ERA TUTTO BUONISSIMO ABBIAMO MANGIATO QSTO X CENA XKÈ IO NON AVEVO PREPARATO ANCORA NULLA È PIACIUTO MOLTO alle bimbe!
Poi in qsto periodo sono scesa 1 volta a comprare qpcsa da mangiare sotto casa… Ho scoperto che c’è tutto salumiere macelleria ortolano e negozio detersivi.
La signora della salumeria è anche molto simpatica da dietro alle Mascherine e a debita distanza abbiamo chiacchierato e mi ha raccontato di aver vissuto al nord in quel nord molto martoriato è stata 18anni lì ed è addolorata…
E allora mi ritrovo a pensare…
Non è poi così male il posto dove vivo… Io che l’ho sempre detestato… In fondo è una periferia di una provincia che poi tanto periferia non è :si sente il profumo del mare… Ci sono i negozi c’è persino un fotografo e uno che fa i tatooo!!!
E allora penso ancora…
Ci voleva un Virus! Ci voleva un Mostro x farmi riscoprire tante piccole grandi cose! Mostro che p con la sua dirompente tragica irruzione nelle nostre vite è servito a FARMI PENSAREx! A SCOPRIRE CHE ANCHE NELL’ISOLAMENTO PIÙ TOTALE SENZA BACI ABBRACCI E STRETTE DI MANO non siamo soli! È servito a farmi essere più ordinata xkè ho capito che è una forma di rispetto nei confronti di chi vive con me e deve condividere con me gli spazi x tanto tempo. È servito a farci riflettere su quei piccoli grandi virus della nostra nazione che ancora non siamo riusciti a debellare :i tagli alla sanità pubblica, la fuga di cervelli, il sovraffollamento delle carceri… Etc etc… É servito a farci capire che l’Europa unita non è poi così unita!
E allora in buona sostanza non so come saranno gli altri quando tutto ciò finirà… Non so se riprenderanno le loro corse forsennate fatre di lavoro, impegni, orari e scadenze… Non so se qualcuno cambierà qualcosa nei suoi usi e costumi ma so di certo cosa sarò IO…. Io sarò diversa… Cambiata profondamente non solo nelle abitudini ma nella coscienza… Nel profondo… So che andrò di nuovo dalka signora del pane sottocasa senza bisogno di prendere e andare altrove, so che mi fermerò di nuovo a parlare dal balcone con la mia vicina di casa ma con calma senza fretta… So che quando resterò a casa mi farà più piacere impastare una pizza anche x le bimbe della mia vicina…. So che anche se i gabbiano spariranno a pochi km da me c’è il mare ed è un peccato non andarci nelle calde giornate di sole… So che tutto sarà diverso ma anche migliore xkè stavolta invece di lasciarle la pizza fuori la porta potrò aspettare che la mia vicina apra la porta e xkè no che mi ringrazi con un abbraccio! E allora anche se gli altri non cambieranno nulla nel modo di essere SO CHE IO LO FARÒ… DIVENTERÒ (o lo sono già diventata!) PIÙ UMANA DI PRIMA sperando che anche gli altri lo diventino… .. E qsto sarà il modo più AUTENTICO piu UMANO per dare un senso allo smarrimento all’incertezza e alla grande paura che il Mostro mi ha fatto provare in qsti giorni… Perciò quando qstp incibo sarà finito spero prestissimo sarò in grado anche di dire paradossalmente GRAZIE VIRUS!
verissimo. Condivido a pieno tutto quello che ha detto. Le faccio solo una domanda: perché abbiamo bisogno sempre di toccare il fondo per apprezzare quello che abbiamo. Dobbiamo sforzarci di essere più dentro le cose, allenando quotidianamente come una palestra. Dobbiamo smettere di ringraziare le difficoltà per aver rivalutato quello che abbiamo, dobbiamo imparare ad amarci e amare.
è la natura umana. Ognuno di noi ha in sé la possibilità di creare ma allo stesso tempo quella di distruggere. io sostengo che l’uomo ha bisogno dei sentimenti “negativi” (non esistono emozioni negative) perché danno valenza ai momenti belli.
sembrerà banale, ma se vivessimo sempre di tramonti (come il piccolo principe) ci mancherebbero? io non credo: è la mancanza che abbiamo che ci racconta quello che siamo, quello di cui necessitiamo.